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Connettere le differenze: intervista multipla a Wonderadio

19 Ottobre 2021 ore 11:55

Annalisa, Serena e Marco di Wonderadio ci hanno raccontato la maturazione consapevole ed inclusiva del loro progetto, ma anche speranze e idee per l’immediato futuro. Il risultato è un’intervista declinata attraverso più voci e pensieri. E non poteva che essere così, visto che della voce e della pluralità di voci loro hanno fatto uno strumento di connessione e superamento di ogni barriera, un “vessillo” che ha accompagnato e sostenuto tante sfide e battaglie.

 

Come è cresciuto il progetto Wonderadio? Cosa vi ha aiutato nel processo di crescita?

Marco: Il progetto Wonderadio è cresciuto sia nelle menti che nei contenuti. Con i programmi poi abbiamo incrementato le conoscenze, abbiamo conosciuto tante persone e realtà che quasi non si possono contare. Il fare gruppo ci ha aiutato nel processo di sviluppo, abbiamo fatto delle esperienze insieme che sono state motivo di crescita.

 

Cosa ha comportato per voi e il vostro progetto il tempo del lockdown? Come avete reagito?

Marco: Da una parte vivere il lockdown con un progetto in sospeso è meno pesante perché è sempre una motivazione in più per tornare a vivere una vita normale. Anche se temporaneamente ci siamo fermati, abbiamo cercato di continuare a relazionarci tra noi e con l’esterno adattando il formato all’epoca che stavamo vivendo. Per esempio nel primo lockdown abbiamo sostituito i podcast con brevi video perché non potendo uscire non potevamo utilizzare la sede. Tutto questo ci ha tenuti comunque attivi e occupati.

Abbiamo reagito inizialmente bene, poi più passava il tempo e più si faceva sentire la voglia di ritornare ad una condizione normale. È stato pesante non potersi incontrare e non poter utilizzare la sede per le iniziative e le nostre normali attività, in fondo il condividere gli spazi e le esperienze è il cuore del nostro progetto.

Serena: Sicuramente il periodo del lockdown ci ha spiazzato e inizialmente demoralizzato. La nostra attività è basata sulla partecipazione, sul confronto, sulla vicinanza e sul contatto. Avevamo tante idee e progetti in cantiere ma da un giorno all’altro non abbiamo più potuto realizzarli. Dopo un momento iniziale di smarrimento abbiamo cercato di trovare strategie alternative per portare avanti almeno i progetti possibili come la realizzazione dei podcast dei vari programmi. I social e anche Skype ad esempio ci sono stati d’aiuto. Sfruttandoli al meglio siamo riusciti a registrare puntate in estrema sicurezza anche con speakers e regia a distanza di un bel po’ di chilometri.

C’è qualche progetto in particolare, tra quelli realizzati, che ha lasciato il segno?

Marco: Secondo me si, la cosa che mi ha fatto molto piacere è stato incontrare i ragazzi de “Il Villaggio degli eroi”, perché abbiamo passato un paio di mattinate con loro. Vedere la reazione di chi non ha mai fatto radio, il primo approccio e poi una volta che si è rotto il ghiaccio non ci si vuole più staccare. Ha lasciato il segno perché è stata una delle prime esperienze, e almeno per me è stata una sorpresa incontrare i ragazzi che ancora non conoscevo. Ricordando loro non immagino che abbiano una disabilità. Ascolto la loro voce, ma non posso vederli e non si può immaginare che abbiano una disabilità.

Annalisa: Quello che mi ha colpito dell’esperienza con “Il Villaggio degli eroi” è stato sicuramente la sezione dei ragazzi al primo approccio con la radio, l’entusiasmo, la sorpresa, il piacere della scoperta, il relazionarsi con un ambiente nuovo e con una persona nuova. È stata un’esperienza molto forte e coinvolgente emotivamente, dai loro occhi si percepivano la gratitudine, la sorpresa e l’entusiasmo per questa nuova esperienza e questo momento ci ha permesso di comprendere quanto la radio fosse un potente mezzo di aggregazione, inclusione e livellatore di differenze.

Serena: Penso che tutti i progetti, le iniziative pensate e realizzate debbano a loro modo lasciare un segno ma credo che per tutti noi il 01.12.2019 sia stata una data speciale quella del primo, e al momento unico per forza di cose, Disability Pride. È la data in cui nel nostro piccolo paese siamo riusciti a riunire tante persone, associazioni, scolaresche del territorio con l’unico intento di festeggiare la diversità, al fine di collaborare tutti insieme per abbattere ogni barriera fisica e mentale. Il Disability Pride non è però solo una data ma è una manifestazione di intenti, l’inizio di un progetto condiviso con tante realtà del territorio.

Disability Pride Terlizzi, corteo per sostenere i diritti delle persone con disabilita, manifestazione realizzata da Wonderadio in collaborazione con Mat laboratorio Urbano e Progetto Icaro

 

Il vostro gruppo di lavoro si è ampliato dall’avvio del progetto PIN?

Marco: Tantissimo, perché inizialmente eravamo una decina, poi pian piano abbiamo fatto delle conoscenze e durante il percorso le persone sono rimaste entusiaste del progetto e in alcuni casi si sono unite a noi.

Annalisa: il progetto nasce con una forte propensione all’inclusione delle persone con disabilità visiva ma con il passare del tempo si sono uniti a noi gruppi e persone molto diverse tra loro sia per interessi che per bisogni. Ad oggi contiamo più di trenta persone che collaborano costantemente con Wonderadio e podcast che trattano i temi più disparati: musica, viaggi, economia, diritti, serie per l’infanzia, intrattenimento, parità di genere.

Serena: eravamo in pochi i fondatori del progetto ma sin da subito, ancor prima della stesura del nostro progetto, c’era già un gruppo di persone che lavorava con la speranza che il progetto Wonderadio si potesse realizzare. Adesso quel gruppetto si è sicuramente ampliato con persone che hanno voglia di “connettere le differenze” ma non sempre è così semplice trovare persone che hanno voglia di “spendere” del tempo e scalfire quell’indifferenza ed egoismo che ci circonda soprattutto per determinati argomenti.

Un momento di vita associativa, riunione con gli speakers e i sostenitori di Wonderadio

 

Quanto sono cambiati e si sono evoluti l’atteggiamento e la risposta della comunità verso i temi che trattate, da quando siete nati ad oggi?

Marco: Di certo di eventi di sensibilizzazione ne abbiamo fatti tanti, da quello più grande il Disability Pride, ad Auand! dove ci siamo occupati di accessibilità e barriere architettoniche. Abbiamo notato effettivamente un cambiamento dell’approccio verso i temi della disabilità perché alcune persone hanno testato effettivamente cosa si prova ad essere nei panni di persone con disabilità.  Per il progetto Auand! abbiamo organizzato una passeggiata al buio in cui le persone normodotate venivano bendate e portate a passeggio per le strade della città.

Serena: Sicuramente qualcosa lo si inizia a vedere. È necessario però lavorare assiduamente sul territorio e non rimanere soli, fare squadra con altre realtà del territorio e creare progetti mirati a sensibilizzare la comunità, come ad esempio il progetto Auand!, conclusosi questa estate, un percorso partecipato di individuazione ed abbattimento delle barriere architettoniche ma anche culturali all’interno del territorio della nostra cittadina.  Necessario però a questo scopo il dialogo ed il confronto con le amministrazioni locali che non sempre risulta semplice.

Foto ricordo del laboratorio “School Radio” con i ragazzi e i docenti del Polo Liceale Sylos- Fiore Terlizzi

 

Su cosa state lavorando ora e quali sono i vostri futuri progetti?

Annalisa: dopo tre anni di esperienze al fianco delle persone con disabilità, e dopo molti progetti fatti con altre realtà territoriali, ci siamo resi conto di quanto sia importante combattere e battersi per l’autonomia delle persone con disabilità. I nostri progetti futuri mirano a promuovere l’autonomia delle persone con disabilità e a contribuire alla costruzione di una società più accessibile ed inclusiva. Tutti i nostri progetti hanno questi come obiettivi. Per far sì che questi obiettivi diventino sempre più vicini stiamo sperimentando progetti orientati all’inserimento lavorativo delle persone con disabilità. Ancora in itinere è il progetto “Mat Brewery, il lato sociale della birra” in cui siamo impegnati con gli amici del Mat Laboratorio Urbano, in un laboratorio di confezionamento di bottiglie di birra autoprodotte dedicato alle persone con disabilità. Per il momento è solo un prototipo che mira al passaggio di competenze verso le persone con disabilità finalizzato all’inserimento lavorativo.

 

Cosa sentite di consigliare ad altre imprese giovanili del settore sociale che adesso si stanno avviando?

Annalisa: è importantissimo fare rete, collaborare, unirsi e cooperare. Senza gli altri siamo più deboli. È fondamentale fidarsi degli altri per crescere bene e far crescere le persone che fanno parte della propria realtà.

 

C’è un appello in particolare che volete fare alla comunità giovanile?

Marco: si, per quanto possa essere complicato, ogni qualvolta che ci si trova a poter fare volontariato di farlo, perché c’è tanto bisogno di persone che diano un sostegno sia pratico che emotivo per motivare le persone con disabilita ad essere più autonome.

Annalisa: per le realtà come Wonderadio risulta difficile attrarre persone giovani che abbiano voglia di apprendere nuove competenze ma soprattutto di trasmetterle. Abbiamo ancora tanta strada da fare verso una società accessibile ed inclusiva ed abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti, se ci siete e se ci state leggendo, contattateci e proveremo insieme a connettere le differenze.