#disegnape: la challenge di don’tBEEScared
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E continuiamo a raccontare, tramite la penna dei protagonisti, le esperienze straordinarie della Comunità PIN.
Si ferma quasi tutto in questi giorni, ma non l’entusiasmo delle giovani realtà, come dimostra il racconto che incolliamo di seguito a cura dei ragazzi di DontBEEScared, l’unione di tre apicoltori che propongono visite guidate e giochi di ruolo in un apiario didattico.
I tre ci parlano della loro partecipazione ad un evento organizzato dal Conapi, il Consorzio Apicoltori Italiani, a Bologna e… non solo! Dal biomonitoraggio alle disavventure di viaggio, vi lasciamo a questa avvincente storia e vi invitiamo a inviarci sempre più racconti!
Il 19 febbraio 2020 abbiamo partecipato ad un evento organizzato dal Conapi – Consorzio apicoltori italiani – presso FICO – Eataly world, a Bologna. L’evento consisteva nella presentazione dei risultati di tre anni di biomonitoraggio ambientale con le api.
Ma perchè fare un biomonitoraggio con le api? Perchè le api sono tante, piccole e molto sensibili. Volano tutto il giorno e lo fanno in un raggio di 1.5 km circa intorno all’alveare. Entrano dentro i fiori, raccolgono nettare e polline, prelevano acqua e propoli dall’ambiente. Tutto ciò che prendono lo portano dentro l’arnia che ospita l’alveare. Se analizzato, tutto ciò che prelevano dall’ambiente ci dà un’ immagine di come sta l’ambiente stesso.
E l’ambiente, lo sappiamo, non sta benissimo. Per il primo anno anche Bari è stata inclusa, insieme a Torino, Milano e Bologna tra le stazioni della ricerca e noi di DontBEEScared abbiamo contribuito con le nostre api di Japigia.
Funziona così. Si mettono delle gabbie underbasket ( dei telaini di legno con doppio filtro metallico ) davanti all’entrata dell’arnia. Le api portano fuori quelle morte, perchè sono animaletti puliti. Settimanalmente si contano il numero di api morte trovate dentro queste underbasket. Una per una. Segnate su un registro, si inviano i risultati al professore dell’università di Bologna che coordina la ricerca. Bè, tutto qua ? Contate api morte ? Non solo. Due volte l’anno si prelevano anche api vive e miele giovane e si manda ad analizzare in laboratorio.
Miele giovane ? Cioè ? Allora. Con calma. Le api prelevano il nettare dai fiori. Lo portano nell’arnia, se lo passano di ligula in ligula centinaia di volte arricchendolo di enzimi e così, sostanzialmente, lo trasformano in miele. Una volta miele il nettare viene messo dentro delle cellette ad asciugare e maturare. Confusi ? Curiosi ? Venite a partecipare ai nostri laboratori e ne saprete di più…
Analizzando dunque miele giovane ed api ( che nel frattempo, certo, muoiono… ) con macchinari sofisitcati si può capire se nell’ambiente c’è….ciò che si cerca ! In questo caso pesticidi ( circa 400 ) e dieci metalli pesanti .
Questa ricerca, per caratteristiche tecniche e di budget disponibile, ha carattere dimostrativo di come le api possano essere utili per monitorare l’ambiente grazie alla loro laboriosità e sensibilità. Se il macchinario da laboratorio utilizzato può trovare il valore minimo di glifosate, per esempio ( 0,01 )l’ape, se presente, lo intercetterà ed analizzandola, verrà fuori. La triste notizia è che il glifosate, celeberrimo erbicida, è stato trovato nelle api di tutte e quattro le postazioni. I metalli pesanti invece più riscontrati sono stati cromo, ferro, vanadio, nichel e rame.
Attenzione ! Questi risultati non vogliono dire che il miele destinato al consumo sia avvelenato o inquinato. Semplicemente questa ricerca non va in quella direzione, dunque non risponde né affermativamente né negativamente a questa eventuale domanda che potreste porvi.
Anche il miele analizzato è definito precisamente nettare-miele, cioè miele appena importato dentro l’alveare e non destinato all’alimentazione. L’obiettivo è dunque quello di dimostrare come le api possano essere efficaci cartine di tornasole della situazione ambientale e di come potrebbero essere utili, oltre che per tutto ciò che già fanno per noi per l’ecosistema, anche come ‘antenne’ della situazione ambientale.
Prima della lettura dei risultati, ci sono stati alcuni interventi di entomologi, ricercatori, giardinieri professionisti su come “coltivare nelle città il benessere di tutti”. Livelli altissimi di aulicità accademica. Poi ad una certa, hanno chiamato me, che con i miei soci facciamo vedere le api dal vivo ad adulti e bambini. Vado su con la mia presentazione power point stile ‘vacanza in Brasile’ e mostro ciò che facciamo.
La gente comincia a sorridere, rilassa gli zigomi e le mani, che quando parla un entomologo o un prof universitario devono stare composte, ed alla fine, scattano gli applausi e la gente, finita la presentazione, ci viene a cercare per conoscerci. A noi più che agli entomologi.
Raccogliamo bigliettini da visita e strette di mano, ci fumiamo una sigaretta e andiamo a mangiare con gli altri relatori. Da buoni pugliesi arriviamo venti minuti dopo e pretendiamo le nostre olive ascolane; dopo due primi un dolce, la lamentela per l’assenza del secondo e tre bicchieri di vino ci prendiamo le biciclette del FICO ed iniziamo a girare il posto. Enorme, spazioso, priapisticamente strutturato. C’è tutto ciò che ci dev’essere in un posto progettato per avere tutto ciò che ci dev’essere.
Tristemente, irrimediabilmente vuoto nonostante un sacco di persone al suo interno. Scolaresche, congressisti, turisti, cittadini si sciolgono negli immensi spazi che ci circondano e sembra che non ci sia mai nessuno. Intorno a noi si susseguono laboratori alimentari, stand gastronomici, cibo come se non ci fosse un domani, luci di ogni forma ed intensità. Un posto che non si può definire brutto, ma che definire bello non ci riesce proprio. Pedaliamo su bici a tre ruote stile gunnies, ci fanno assaggiare solo del cioccolato e ci dirigiamo fuori, per vedere gli spazi esterni. Si perchè ci sono pure gli spazi esterni. Spazi a tratti stretti per delle bici a tre ruote, uno in particolare.
Non si deve passar di li. Non si può. Ci passo lo stesso, poi mi giro e dico a N. che sta sopraggiungendo “se sei un uomo passi senza frenare!” ( siamo gente matura… ). Lui lo fa ma non passa e si schianta contro un palo sulla sinistra. Ridiamo, ma poi il cestello anteriore, cade. M. sparisce nel nulla. Io e N. ci guardiamo e ci viene in mente il viso serio della hostess che poco prima ci aveva indicato la cifra da pagare in caso di danno alla bici. 1350 euro.
Decidiamo di andarcene; rubiamo una mela dalla muraglia di Melinda dell’ingresso e ci dirigiamo verso l’aeroporto.
In volo ho tutto il tempo di ripensare all’esperienza, alle persone interessanti, preparate, sagge, concrete che lavorano e lottano ogni giorno per un ambiente migliore e per delle città più salubri. Penso anche all’albergo a quattro stelle che ci ha ospitato ed al favo di miele per colazione, in realtà. In mano stringo un libro che parla di apicoltori, folli che ad un certo punto hanno deciso di abbandonare carriere ed uffici per andarsene in giro a farsi pungere a tutto spiano. Sentirci parte, a modo nostro, di questa realtà, ci riempie di orgoglio e soddisfazione. Ci sembra vada tutto per il verso giusto, anche se siamo seduti su sedili distanti perchè non abbiamo voluto infierire sulle spese del Conapi con l’opzione “scegli il posto” di Ryanair.
Poi il pilota annuncia che a causa di un temporale su Bari dovremo “attendere un po’ in aria”. Una ragazza sviene, le persone si fan prendere dall’ansia. Dopo 40 minuti a volare in tondo arriva la decisione; si atterra a Brindisi. A terra salgono i medici, si portano la ragazza, ci fanno scendere alla chetichella, organizzano un pulman per Bari – aeroporto; io e N. ci dobbiamo accollare un taxi fino a casa. M. invece tutta allegra perchè lei è di Brindisi… dice che è il karma, dice.
Grazie Bologna, grazie Conapi, grazie bando PIN e grazie soprattutto alle api per tutto ciò che ci insegnano ogni giorno!