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Copertina del post Ready to enable: rendere possibile, Semplice-mente

Ready to enable: rendere possibile, Semplice-mente

15 Aprile 2021 ore 16:34

Non sempre ci rendiamo conto della semplicità con cui svolgiamo alcuni compiti quotidiani, come ad esempio lavarsi i capelli o fare una doccia. Eppure per tante persone, costrette ad esempio a letto da una malattia o che affrontano le difficoltà causate da una disabilità, quella che a noi appare una scontata operazione può rappresentare un ostacolo complesso e difficilissimo da superare. Rimuovere questi ostacoli è il compito, non facile ma di certo molto stimolante, che alcune delle realtà di innovazione sociale nate con PIN si sono date. Tra queste Semplice-mente ha fatto del superamento delle barriere la propria mission, brevettando un sistema lava-capelli pensato proprio per chi è bloccato a letto o costretto su una sedia a rotelle.

Parlare con i fondatori di questa start-up innovativa, offre anche un ulteriore elemento, ed è la modalità con cui Giorgio e Daniele affrontano questa sfida: un costante e genuino entusiasmo sia rispetto al loro percorso imprenditoriale sia rispetto alla relazione con il proprio contesto e con la propria storia. Ed è così che, anche quando ti raccontano di un disastroso “incontro ravvicinato” con un fulmine, non manca il sorriso e la consapevolezza di poter fare affidamento sulle proprie capacità per realizzare la propria mission: progettare prodotti e servizi innovativi, puntando a semplificare la vita delle persone con diverse abilità, con difficoltà motorie o costrette a letto.

La chiusura del periodo di finanziamento PIN ha coinciso per loro con un importante step per la vita di questa azienda: il deposito Europeo del brevetto  progettato nel corso del primo anno di lavoro. Un traguardo che in realtà non rappresenta un punto di arrivo ma un importante passaggio per dare avvio alla fase di commercializzazione del prototipo sviluppato e per dare concretezza alle relazioni commerciali già avviate. Ma la portata della loro azienda va già al di là di questo primo progetto, come ci raccontano Giorgio e Daniele, che hanno ideato e iniziato a proporre una serie di servizi innovativi.

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Da cosa è nata l’idea che avete candidato a Pin? Come siete riusciti a combinare insieme competenze ed esperienze personali?
Molto spesso le situazioni complesse che si affrontano nella vita e le difficoltà vissute direttamente, o dai propri cari, insegnano a riflettere con determinazione sull’opportunità di risolvere quelle complessità attraverso soluzioni semplici.
Nel nostro caso, è andata proprio così. Abbiamo fondato Semplice-Mente avendo nel cuore le nostre nonne e negli occhi le difficoltà vissute quotidianamente da loro e dalle nostre famiglie. In sostanza, mi sono reso conto che mancava un prodotto dedicato alla cura dell’igiene delle persone costrette a letto; il mercato non offre nulla di veramente funzionale a riguardo. Parlandone con Daniele, mio amico fraterno, abbiamo deciso di puntare a risolvere definitivamente questo problema per chi, in futuro, dovrà confrontarsi con situazioni similari a quelle vissute da noi.
Le nostre competenze ed esperienze, accademiche e professionali, sono state un fattore importante per impostare questo lungo e delicato cammino. Nel mio caso specifico, dopo 15 anni di attività “da dipendente”, in Italia ed all’estero, al servizio di multinazionali dei settori automotive (Mazda Italia, Toyota Italia e Toyota Corp. in Giappone), aerospace (Avio Aero General Electric), fashion (Meltin’Pot) e turismo (Borgo Egnazia), ho deciso di dedicarmi anima e corpo a trasformare “l’idea” della nostra start-up “in realtà”. Allo stesso modo, Daniele, con la sua ultra decennale esperienza internazionale in ambito legale, è al mio fianco in ogni fase del nostro progetto.
In sostanza, il nostro obiettivo è quello di mettere a frutto le competenze acquisite negli anni, al fine di far crescere una realtà aziendale (e relativi modelli organizzativi) che propone ai propri Clienti prodotti e servizi innovativi, implementando il meglio che abbiamo potuto cogliere dalle nostre esperienze e, soprattutto, facendolo nella nostra terra d’origine.

Scegliete una parola che, secondo voi, spiega l’essenza di Semplice-Mente e perché?
“Ready to enable!” è il nostro motto che, con un inglese volutamente improprio, punta ad esprimere il concetto di esser “pronti ad abilitare”, ossia rendere possibile qualcosa che oggi non lo è, sia in termini di “prodotti” che “servizi” innovativi.
Quindi, la parola che rappresenta l’essenza di Semplice-Mente, è proprio “abilitare”, rendere possibile…semplicemente.

Che cosa rende unico il vostro dispositivo lava-capelli? 
Semplice-Mente è nata con lo scopo di progettare e realizzare dispositivi innovativi in ambito medicale, puntando a semplificare ed efficientare specifici processi, orientando il proprio focus verso le persone anziane, con difficoltà motorie temporanee o con disabilità permanenti. L’approccio di R&S punta a supportare questi utenti e chi gli è vicino e si occupa quotidianamente della loro assistenza, sia in ambito familiare (privato) che assistenziale (pubblico o privato).
Nel corso dei primi due anni di vita, Semplice-Mente si è concentrata sulla creazione dell’assetto aziendale e sulla R&S dedicata alla progettazione di un dispositivo fondamentale per la cura dell’igiene del capo e dei capelli, in particolare, di persone costrette a letto o in sedia a rotelle.
E’, infatti, nota la necessità di lavare il capo ed i capelli a persone anziane, con disabilità o difficoltà motorie temporanee o permanenti, in una pluralità di contesti pubblici e privati, quali ad esempio, ospedali, case di cura e case di riposo per anziani; questa necessità si pone anche in contesti familiari, nei quali le persone con disabilità sono assistite in casa, oppure le persone con disabilità parziali possono svolgere parte delle loro attività in maniera autonoma.
Il nostro prodotto innovativo punta proprio a risolvere queste problematiche e soddisfare le esigenze di queste categorie d’utenza, e non solo.
Grazie alle sue caratteristiche ed alla sua geometria studiata ad-hoc, il prodotto supera gli attuali limiti, evitando di dover spostare il paziente dal letto (o dalla sedia a rotelle), favorendo la disponibilità di acqua corrente, permettendo sia il lavaggio autonomo (per coloro che muovono le braccia) sia il lavaggio assistito da parte di un solo operatore.
Trattandosi di un dispositivo innovativo, molto diverso e più efficace rispetto a quelli attualmente presenti sul mercato, abbiamo proceduto ad impostare un’importante strategia di tutela della proprietà intellettuale, attraverso il deposito di un DCR (Disegno Comunitario Registrato), il deposito della domanda di brevetto Italiano e dell’estensione Internazionale di quest’ultima.
Parallelamente a queste attività, forti delle nostre precedenti esperienze lavorative, a partire dalla seconda metà del 2020 abbiamo avviato anche una divisione dedicata alla consulenza aziendale (ottimizzazione dei processi, kaizen, project management) ed alla formazione, con particolare orientamento verso le realtà aziendali del nostro territorio.

C’è stato un momento particolare che avete vissuto?
Era il 19 novembre 2019, primo pomeriggio, attorno alle 16. Ero da solo in ufficio, in sede, mentre fuori il cielo iniziava a coprirsi e si udivano i primi tuoni di un temporale in arrivo. Come sempre, in questi casi, mi alzai dalla sedia per disconnettere l’alimentazione elettrica del laptop con il quale stavo lavorando. Solo qualche minuto dopo, un bagliore incredibile, seguito da un rumore sordo, investirono in pieno l’ufficio. Contemporaneamente, parte dell’intonaco schizzò dal muro come fosse una sorta di valanga e, dal solaio, sentii un fracasso, simile al rumore di pietre che cadevano. Ebbene, erano i parapetti del terrazzo…un fulmine aveva appena centrato in pieno il tetto del nostro ufficio. Tecnicamente, ne sono uscito miracolosamente illeso, solo perché si è creata attorno a me la cosiddetta “Gabbia di Faraday”; la potenza inaudita del fulmine, però, ha generato danni enormi, in un solo attimo.
Gli effetti, infatti, hanno causato una lunga scia di problematiche ed impegni che mai avremmo pensato di dover affrontare. Per oltre un mese, siamo stati costretti a rallentare notevolmente il progetto, dedicandoci al 200% a ricostruire, letteralmente, la struttura.
Si tratta di un evento che non racconto quasi mai…quando ci ripenso mi fa ancora effetto, però credo che condividerlo sia di grande insegnamento per ricordare a me stesso ed a chi legge che nulla è scontato.

Qual è un vostro punto di forza? E quale un vostro punto di debolezza?
In una start-up piccola con una grande idea e progetto da gestire, capita spesso di dover far tutto, dal prendere fondamentali decisioni strategiche per il futuro dell’azienda ad effettuare l’ordine per la cancelleria. Adesso stai pianificando lo scheduling delle attività dei prossimi 12 mesi e tra 10 minuti farai le telefonate per una ricerca di mercato. E così via. In questo senso, sicuramente, un punto di forza della nostra realtà è che, sia io che Daniele, abbiamo “fatto la gavetta”. Abbiamo iniziato la nostra carriera con ruoli junior e, anno dopo anno, accumulando esperienza, siamo arrivati fino ad avere ruoli direzionali. Per questo motivo, non ci spaventa né ci demotiva questa “ampiezza del ruolo”, anzi è proprio un nostro punto di forza.
Le criticità sono, ovviamente, quelle di una micro-impresa che si affaccia in un mercato enorme come quello medicale, dominato da colossi con potenze di fuoco persino difficilmente stimabili, sia in termini di risorse economiche che umane.
Infine, un aspetto che potremmo classificare sia come punto di forza che di debolezza, è la nostra scelta di creare Semplice-Mente a Lecce, a “casa nostra”.
Non siamo nella Silicon Valley o nel distretto medicale di Chicago e questo, come si può ben intuire, influenza notevolmente il nostro network, le nostre strategie e la nostra esposizione sul mercato.
Ma siamo nella nostra Terra, la Puglia.
Vogliamo fermamente essere parte del “moto innovativo” che si è avviato nell’ottica dello sviluppo economico del territorio. Il nostro obiettivo, in questo senso, è poter offrire una valida alternativa “all’emigrazione forzata” dei giovani a causa della carenza di lavoro, stringendo partnership con Enti ed Università, rappresentando una scelta che possa presto essere al pari di grandi realtà internazionali. La strada è lunga e ricca di sfide, ma la tenacia, la determinazione e l’amore per la nostra Terra sono altri tre punti di forza che ci caratterizzano fortemente.

Come avete reagito alla situazione attuale? Ci sono cambiamenti/modifiche avete introdotto?
Il Covid19 ha colpito duramente, proprio nel momento in cui le “farfalle di Semplice-Mente” stavano iniziando a schiudere le proprie ali.
Come è facile immaginare, i nostri target customer sono le RSA, i caregivers, gli ospedali pubblici e privati. Nella maggior parte dei casi, le porte di queste strutture sono rimaste chiuse persino alle visite dei parenti dei pazienti.
Avevamo programmato incontri B2B su tematiche commerciali e di testing con diverse realtà, partner e non, ma abbiamo dovuto ricalibrare in corsa la nostra strategia, posticipando buona parte di questi appuntamenti.
Al contempo, però, da parte del segmento B2C (privati) abbiamo riscontrato un positivo interesse, potendo effettuare test in piena sicurezza ed ottenendo un riscontro anche in termini di preordini acquisiti.
Ci rendiamo conto che il nostro prodotto è determinante a tutelare l’igiene dei pazienti, ma in questo periodo storico la sua funzione non si ferma qui. Mai come oggi, infatti, tutelare gli operatori sta diventando un elemento determinante di differenziazione ed il nostro prodotto ha una marcia in più anche in questa direzione.

Chi sono le persone attualmente impegnate nella vostra attività? Quali sono le collaborazioni più significative?
L’approccio “kaizen” ed il pensiero “Lean” sono elementi chiave del DNA di Semplice-Mente. Per questo motivo, nonostante le attività e gli impegni si stiano moltiplicando, stiamo cercando di mantenere una struttura snella, soprattutto in una fase come quella attuale.
Io e Daniele continuiamo a curare in prima persona il core-business, avvalendoci del prezioso contributo di una rinomata Organizzazione di Ricerca e Tecnologia (RTO) del nostro territorio e potendo contare sul supporto di una risorsa che, nel corso del 2020, ha accompagnato la crescita aziendale.
I prossimi mesi saranno determinanti. Semplice-Mente dovrà affrontare importanti investimenti per la produzione del dispositivo e la conseguente proposizione sul mercato; per raggiungere questi obiettivi in maniera strutturata, ci stiamo già preparando alla creazione di un team composto da giovani ingegneri e professionisti, con competenze multiple, con un approccio proattivo e pronti a credere nel nostro progetto almeno quanto ci crediamo noi.

Copertina del post OCC – Officine Culturali Carrassi: produzioni artistiche, attivazione

OCC – Officine Culturali Carrassi: produzioni artistiche, attivazione comunitaria e ricognizione della memoria

06 Aprile 2021 ore 17:53

Gentilezza. È la prima parola che ci è venuta in mente quando abbiamo rivisto Chiara e Roberta di OCC – Officine Culturali Carrassi. Perché il loro progetto, in fondo, si basa sull’applicazione della gentilezza: nella capacità di aspettare, nella perseveranza, nell’accoglienza dell’altro e nella condivisione, nella volontà di mettersi in gioco e fare rete, valorizzando dal basso gesti, usi, storie. Sono loro a raccontarci come siano riuscite in due anni a compiere un percorso di crescita che ha permesso al progetto di svilupparsi in nuove direzioni, incidendo profondamente sulla vita della comunità di quartiere.

 

Avete chiuso le attività progettuali PIN e vi siete trovate di fronte alla sfida di proseguire il cammino con le vostre forze: quali strategie avete adottato?

Abbiamo proseguito il nostro percorso dando continuità agli obiettivi che l’associazione si è prefissata al momento della sua costituzione. Abbiamo così continuato ad erogare alcuni servizi culturali, che risultano oggi fortemente legati alla nostra identità, stabilito nuove collaborazioni e cercato opportunità per costruire nuovi legami con il territorio.

Per quanto riguarda la strategia, possiamo affermare che il nostro piano d’azione non è schematico né rigidamente definito, perché la sfida che ci siamo poste è dare continuità all’offerta culturale, un proposito che si concretizza nell’attività di accrescimento continuo della conoscenza del territorio e nella selezione degli strumenti di volta in volta più efficaci per attuare progetti di valorizzazione e progetti artistici, che spesso convergono in un’unica idea e proposta progettuale.

Un esempio strettamente legato alla prosecuzione delle attività al termine del progetto PIN è la partecipazione ad un bando di manifestazione di interesse del comune di Bari, attraverso il quale abbiamo avuto la possibilità di progettare il laboratorio partecipativo di Land Art “Materia Prima”, insieme all’artista Raffaele Vitto, all’interno del parco Gargasole. È stata per noi un’importante opportunità: abbiamo potuto sperimentare nuove pratiche artistiche partendo dalle specifiche esigenze di un luogo del quartiere, riconsegnato da non molto tempo alla città.

Tutt’oggi continuiamo a percorre questa strada.  Facciamo ricerca e ci mettiamo in gioco per fornire nuovi strumenti e proposte culturali, indirizzate al nostro quartiere o a tutta la città.

Quanto ha influito sul rafforzamento dell’identità del vostro progetto e delle vostre competenze scrivere e candidare progetti a bandi pubblici?

La candidatura di nuove proposte progettuali a bandi pubblici ha certamente reso l’identità del nostro progetto più solida e riconoscibile. È stato infatti fondamentale consolidare il percorso intrapreso e ricevere una conferma della fiducia del pubblico attraverso la proposta di nuove attività.

La creazione di opportunità per sviluppare il progetto OCC ha reso il suo significato sempre più facilmente comprensibile e riconoscibile, tanto da portare la nostra realtà ad essere uno dei punti di riferimento per il territorio, circostanza che ci ha permesso un’apertura a nuove collaborazioni con cittadini ed enti, un approccio indispensabile per rendere il progetto sempre significativo.

Dai primi passi mossi per la scrittura del progetto “OCC-Officine Culturali quartiere Carrassi” anche le nostre competenze si sono rafforzate. Abbiamo sviluppato una capacità di “visione” più nitida, orientata al futuro e all’individuazione di bisogni specifici, grazie alla conoscenza sempre più profonda del luogo.

La candidatura di proposte culturali a bandi pubblici ha contribuito anche allo sviluppo delle nostre capacità organizzative, dovendo focalizzare la nostra attenzione non sul singolo evento ma su una programmazione complessa, incrociata e che si sviluppa nel periodo a lungo termine. Progetto dopo progetto è migliorata la capacità di pianificazione e sviluppo delle idee ed allo stesso tempo si è rafforzata la capacità di gestione amministrativa ed economica-finanziaria, entrambe importantissime per lo sviluppo sostenibile delle attività.

Oggi crediamo fortemente che una buona possibilità di dar seguito alla nostra attività sia affidata alla progettazione e alla partecipazione a bandi pubblici.

 

Come siete riuscite durante la pandemia da Covid 19 a rendere efficaci nel territorio le vostre azioni fortemente basate sulla partecipazione attiva e in presenza?

Le attività nel periodo della pandemia, per forza di cose, non potevano essere realizzate secondo le modalità che caratterizzano il nostro lavoro, ovvero attraverso il coinvolgimento diretto, in presenza, dei cittadini. Abbiamo dunque, a malincuore, dovuto rinunciare a questa componente, rispettando le prescrizioni che speriamo possano portarci presto a superare questo periodo. Ma non potevamo fermarci davanti a queste difficoltà, e se ci è stato imposto il distanziamento fisico, abbiamo provato a non distanziarci dal punto di vista sociale. Non volevamo interrompere la relazione con il nostro pubblico di riferimento ed abbiamo cercato una strada per poter dare continuità alle azioni avviate. Tutte le attività programmate per lo scorso anno sono state infatti riconvertite in attività online, nello specifico il progetto “Non ci sono più le mezze stagioni”, realizzato in collaborazione con l’associazione Terre del Mediterraneo, nell’ambito della RCU Carrassi San Pasquale Mungivacca.

Non è casuale la scelta delle modalità con cui abbiamo proposto la realizzazione delle attività, a partire dalle Conversazioni, non seminari di approfondimento, ma dialoghi con cittadini, persone che vivono in costante relazione con il territorio, esperti di differenti ambiti. Chiacchierate che ci hanno permesso di vivere la città dall’interno delle nostre case, offrendoci qualcosa in più: il tempo per poter riflettere su alcuni aspetti che la velocità della “resistenza quotidiana” non ci permette di cogliere. Così anche l’esplorazione urbana, delle sue peculiarità storico artistiche e ambientali, ha trovato un nuovo strumento per esprimersi.

Anche da questa situazione abbiamo potuto maturare nuove skills e testare strumenti che potranno essere integrati nelle nostre attività, alla modalità di partecipazione diretta, da noi privilegiata.

Sicuramente potremo introdurre alcune novità nel campo della comunicazione, che potrà essere differente, non convenzionale, sia nel coinvolgimento dei cittadini nelle attività da promuovere sia nella loro documentazione.  Ad esempio, ritornando al progetto “Non ci sono più le mezze stagioni”, il racconto del territorio ha trovato espressione in nuove forme come i ‘Virtual Tour’, attraverso i quali è stato possibile ripercorrere in modo inedito storie legate a luoghi già conosciuti, o gli ‘Smart Trekking’ di quartiere, pensati per continuare a vivere e osservare il territorio e sviluppare un nuovo sguardo carico di curiosità da esercitare al momento della ripartenza.

Altri progetti invece sono rimasti nel cassetto, perché nati per essere sviluppati grazie allo scambio interpersonale ed esperienziale, emotivo e non abbiamo potuto né voluto privarci di questa caratteristica. Di questi nuovi progetti speriamo di potervene parlare prossimamente.

I vincitori di ‘Caccia al libro’, la caccia al tesoro letteraria realizzata insieme a Libreria Campus nell’ambito della RCU Carrassi San Pasquale Mungivacca

 

Quale strategia per voi è stata vincente per riuscire a guadagnare prima la fiducia e poi l’interesse e il coinvolgimento attivo degli abitanti del quartiere? C’è qualche aneddoto che secondo voi rappresenta al meglio i risultati raggiunti in questo senso?

La nostra strategia, o meglio il modo in cui ci è sembrato più opportuno accendere l’interesse e avviare un processo di coinvolgimento del quartiere, è stato l’invito diretto alle persone a partecipare alle attività, il porle al centro delle nostre proposte, includendole in processi guidati, strutturati e partecipativi.

Vivere un’esperienza in modo diretto, ritrovarsi a partecipare in prima persona alla realizzazione di un’idea, ci permette di soddisfare con maggiore coerenza i bisogni del territorio e della comunità che cresce al suo interno.

Più che un aneddoto possiamo citare una frase tratta da un racconto inedito, perché non ancora pubblicato nella pagina dedicata del nostro sito internet www.fillide.org, all’Archivio della memoria storica del quartiere: “Nonostante le sue evidenti contraddizioni il quartiere Carrassi rappresenta un punto di riferimento importante nella realtà quotidiana della città, in continua espansione, soprattutto per la vitalità dell’intreccio delle relazioni umane. Un grande merito va riconosciuto a coloro che si impegnano a recuperarne la memoria storica e si ingegnano per coinvolgere i residenti a riqualificare l’ambiente, perché anche un piccolo e semplice gesto di condivisione può rendere più cosciente e responsabile la collettività”.

È una semplice attestazione che ci rende molto felici del lavoro svolto fino ad ora, un riscontro positivo sulla possibilità di generare un cambiamento a partire dalla trasformazione della percezione di un territorio.

Presto pubblicheremo questa nuova storia per farvela leggere, e potrete vedere anche una fotografia d’epoca che ha ritrovato significato grazie allo sguardo nuovo con cui riusciamo a vedere il nostro passato e il nostro presente.

L’archivio è in costante aggiornamento e costruzione. Chiunque voglia può scriverci all’indirizzo e-mail info@fillide.org e contribuire alla costruzione di questo bellissimo racconto collettivo.

Chiara e Roberta all’evento di inaugurazione della RCU Carrassi San Pasquale Mungivacca ‘Arte in (s)cena’

 

Quanto per il vostro progetto è stato decisivo il coinvolgimento di collaboratori e allo stesso tempo la realizzazione di progetti e attività in rete con altre realtà? 

Il nostro progetto si fonda sulla relazione sia con collaboratori sia con altre realtà, non soltanto legate al mondo dell’arte o più in generale a quello della cultura. Fino a oggi abbiamo instaurato collaborazioni per realizzare progetti di rigenerazione del territorio, partendo dalla valorizzazione del lavoro di artisti pugliesi.

Ad oggi possiamo contare più di dieci collaborazioni. Ci piace sottolineare questo aspetto perché siamo felici, in questa nostra prima esperienza, di aver fatto conoscere il loro lavoro anche in contesti dove la pratica artistica è pressoché sconosciuta, come i quartieri semiperiferici.

Stiamo continuando a lavorare in questa direzione con i progetti che ci apprestiamo ad avviare in questa primavera, insieme a nuovi artisti, anche non pugliesi, perché ci piace moltissimo l’idea di poter superare tutti i confini, spaziali e temporali, con la creatività.

La costruzione della cosiddetta rete con altre realtà, la spinta alla collaborazione sono stati fondamentali per poter riuscire ad avere il giusto impatto nel territorio e il necessario riscontro. Sin da quando abbiamo avviato le prime azioni di ricognizione della memoria, abbiamo coinvolto nel nostro lavoro di narrazione del territorio tutte quelle realtà, anche commerciali, che avevano ricoperto e ricoprono un ruolo importante dal punto di vista identitario. Con molte di queste le collaborazioni continuano anche nei nuovi progetti.

Quella che potremmo definire un’attitudine del nostro lavoro si è rafforzata con la partecipazione alla costruzione della Rete Civica Urbana Carrassi San Pasquale Mungivacca, prima del termine del progetto PIN, una nuova misura che promuove dal basso processi di attivazione comunitaria e di innovazione sociale e culturale, che ci ha portate al confronto con più di quindici realtà attive nel territorio in disparati ambiti.

Abbiamo collaborato con enti commerciali e pensato insieme ad una libreria, a cui siamo particolarmente affezionate per il suo ruolo di presidio della cultura nel quartiere Carrassi, la libreria Campus, una caccia al tesoro letteraria all’inizio dello scorso autunno per la promozione del libro e della lettura.

Ci fa piacere nominare a questo proposito anche una nuova collaborazione, avviata all’inizio di questo anno con l’OPS – Organizzazione di Promozione Sociale, che ha portato con il progetto “Sapacà live” ad aumentare la nostra offerta di servizi culturali e diversificare ulteriormente gli strumenti di diffusione delle nostre attività attraverso la trasformazione delle storie di quartiere in letture radiofoniche e podcast disponibili su Spotify.

Murale ‘The endless river’ di Danile Nitti, realizzato in collaborazione con il comune di Triggiano presso il parco Nassiriya (Triggiano – BA)

 

Il vostro progetto si presta ad azioni di replicabilità e potrebbe diventare modello ed esempio per altri giovani futuri imprenditori: qual è secondo voi l’elemento che proprio non deve mancare in chi decide di occuparsi di sostenibilità, rigenerazione urbana, valorizzazione delle risorse culturali e della memoria storica?

Lo stesso progetto OCC Officine Culturali quartiere Carrassi nasce dalla scoperta, durante il nostro percorso di formazione, di moltissime realtà nel territorio nazionale ed estero già attive da anni nella realizzazione degli stessi obiettivi culturali.

Ciò che secondo la nostra esperienza non dovrebbe assolutamente mancare per lo sviluppo di progetti che fanno leva sui processi relazionali è il tempo, l’attivazione infatti è lenta ma profonda. Il tempo perché necessario alla conoscenza del territorio, delle sue peculiarità e risorse, di quelli che diventeranno i punti di forza di ogni progetto, che non deve mai replicare un modello. È importante inserirsi nel territorio individuando gli strumenti più adatti, differenziarsi e trovare le giuste risposte ai bisogni emergenti. Il processo di valorizzazione è articolato ed è necessario sviluppare empatia e un sentimento condiviso con la comunità di riferimento.

Al lavoro lento, ma costante, non deve mancare una sponda, che è costituita dallo studio e l’informazione costante su tutte quelle pratiche che ci portano oggi ad approcciarci con una diversa attitudine alla valorizzazione delle risorse culturali e all’attivazione di dinamiche sociali; l’apertura al confronto con realtà che nel nostro stesso territorio, o più lontano, hanno operato o operano in questa direzione. È un’operazione fondamentale per non generare un effetto di vuota replicabilità.

Se si vuole aggiungere significato, dal nostro punto di vista, è necessario far crescere la consapevolezza dell’operazione in cui si è coinvolti, che non può essere sostituita da una più rapida operazione di marketing territoriale, dove il recupero della memoria, la condivisione del ricordo, diventano semplici attrattori.

Il nostro lavoro si basa sulla fiducia, sulla relazione uno ad uno, su una conoscenza che mira a creare comunità e consapevolezza dell’importanza del valore delle risorse culturali, ad una crescita culturale e sociale. Quest’ultimo è un passaggio fondamentale per la sostenibilità, intesa in senso più ampio, non limitato  all’aspetto economico, come possibilità di sviluppo di quel fattore che ci porta tutti, equamente, a sostenere proattivamente e con responsabilità la costruzione del nostro futuro, anche culturale, e all’esercizio della cittadinanza attiva.

 

 

 

 

 

Copertina del post OpenPost: il segreto è mettersi in discussione e avere passione

OpenPost: il segreto è mettersi in discussione e avere passione

17 Marzo 2021 ore 12:24

Dalla Puglia al mondo: una frase ad effetto che però si addice pienamente alla vicenda imprenditoriale di Gabriele ed Angelo Parisi, vincitori PIN con il progetto OpenPost. Oggi il loro racconto si arricchisce di sfumature internazionali e di nuove sfide nei settori della ricerca e delle tecnologie informatiche. Mentre il gruppo si amplia con l’ingresso in società di Alberto Ardito.

Come si è evoluto il vostro progetto e come è cambiata la vostra azienda al termine delle attività PIN?

Openpost è un progetto in continua evoluzione. Il lancio sul mercato ci ha consentito di ottimizzare alcuni processi, mentre i feedback dei nostri clienti ci consentono di implementare sulla piattaforma funzionalità sempre nuove. Attualmente, sul territorio nazionale, sono centinaia i clienti che utilizzano la nostra soluzione digitale per gestire in piena autonomia il marketing, il sito web e l’e-commerce delle proprie attività commerciali.

Parallelamente ad Openpost, negli anni, abbiamo sviluppato un modello di business legato alla progettazione “custom” di software. Questo ci ha permesso di crescere professionalmente e di ampliare il nostro team che è passato da 2 a 5 unità (4 ingegneri ed un grafico esperto di UX).

Cosa secondo voi è stato strategico per l’acquisizione di nuovi clienti e la crescita della vostra impresa?

Strategica è stata la partnership con TIM Spa che, grazie alla propria rete commerciale, ci ha permesso di acquisire tantissimi clienti in ogni parte d’Italia.

Per organizzare e gestire al meglio la rete commerciale abbiamo aperto due nuove società: la Openpost LLC negli U.S.A. e la Openpost Srl a Noicàttaro (BA).

La capacità di innovare, il desiderio di trovare soluzioni tecnologiche all’avanguardia ed un approccio “sartoriale” per la costruzione dei nostri sistemi software, hanno fatto crescere la nostra impresa creando collaborazioni con diverse aziende che ormai vedono il nostro apporto tecnologico determinante per il loro business.

Avete avuto fino ad oggi tantissimi clienti, molti anche stranieri. Ce ne sono stati alcuni di maggiore prestigio o che vi hanno permesso l’avvio di azioni più sfidanti?

Si. Le sfide ci hanno sempre entusiasmato! L’investitore che ha scommesso su Openpost negli Stati Uniti ci ha portati a bordo della sua start-up “Qubbo”, un’app che consente di interfacciarsi con figure professionali attraverso una videochiamata a pagamento.

Un altro progetto oltre Italia ci vede partner tecnologico del Knowledge Media Institute presso la Open University in Inghilterra su un programma di ricerca riguardante una piattaforma innovativa di discussione e decision-making che garantisca un’alta e imparziale qualità del dibattito e degli efficaci strumenti di analisi.

La TIM è partner della vostra impresa: come siete riusciti a “conquistare” la fiducia e il supporto di un’azienda leader del settore?

Perseveranza, professionalità e duro lavoro! Bisogna essere disposti a lavorare non per un ritorno economico immediato (questo non è uno stimolo forte tale da poter superare gli ostacoli più duri). Il segreto è avere passione, essere innamorati di quello che si fa: questa visione è alla base del nostro operato ed è stata percepita ai piani alti del quartier generale TIM. Poter contare su un partner tecnologico così importante è stato fondamentale per iniziare ad espandere il mercato non solo in Puglia ma sull’intero territorio italiano. Il principale obiettivo di TIM in questi anni è digitalizzare ed interconnettere l’Italia, per questo motivo la partnership con Openpost è stata quasi naturale essendo la digitalizzazione delle microimprese e delle PMI anche il nostro principale obiettivo!

Cosa implica per voi misurarsi con startup e aziende straniere?

È uno stimolo costante e motivo di crescita personale e professionale. Interfacciandoci con startup ed aziende straniere abbiamo l’opportunità sia di potenziare il nostro know-how tecnologico che di fare rete con molti professionisti complementari alle nostre professioni e si sa…“Da cosa nasce cosa”!

Il 2020 è stato un anno nefasto per l’economia e le imprese: voi invece avete registrato una crescita significativa dei clienti e del fatturato. Si può secondo voi trasformare una crisi in opportunità?

Certo! Le crisi devono trasformarsi in opportunità! Bisogna solo avere la volontà e la capacità di uscire dalla propria zona di ‘comfort’ e rimettersi in discussione, anche aggiornando i propri modelli di business e rendendoli più moderni. La pandemia ha insegnato a molti imprenditori che la digitalizzazione può giocare un ruolo fondamentale per resistere e soprattutto per reinventarsi!

Rispetto ad altri settori nel mondo digitale l’evoluzione è molto rapida e lavorando in questo ambito forse noi siamo più abituati a restare al passo con i tempi. Nel 2020 il nostro portfolio clienti è cresciuto perché si inizia a percepire che digitalizzare la propria impresa non è una spesa ma è un investimento.

Cosa consigliereste oggi ai neo-vincitori PIN?

Di non pensare che l’idea è tutto! Certo è importante ed è la base di partenza, ma non basta. Prima o poi ci si scontrerà con il mercato e con la difficoltà di conquistarlo. Ed è nelle difficoltà che emerge il valore team che è il vero punto di forza in ogni progetto di start-up! Da questo punto di vista noi siamo stati molto fortunati, ci conosciamo da sempre e siamo molto coesi: sapere di potere contare uno sull’altro ci permette di risolvere ogni imprevisto per concentrarci su quello successivo.

Ognuno di noi avrebbe potuto prendere strade diverse dopo il percorso di studi, ma siamo fieri di poter svolgere in Italia ed in Puglia il nostro lavoro. Cogliamo l’occasione per ringraziare lo staff della Regione Puglia e di ARTI che grazie al progetto PIN ha contribuito a realizzare il nostro progetto lavorativo ed imprenditoriale e che continua a fornire numerose opportunità a tantissimi giovani pugliesi!

 

Copertina del post Il cambiamento? È motore che muove le idee! Intervista a Tolò_il packaging

Il cambiamento? È motore che muove le idee! Intervista a Tolò_il packaging narrativo

02 Marzo 2021 ore 18:38

Una chiacchierata, anche se purtroppo solo in modalità virtuale, con Laura, Giulio e Chiara ci ha permesso di capire lo stato di sviluppo di Tolò_il packaging narrativo ad oltre un anno e mezzo dalla chiusura delle attività progettuali avviate grazie all’avviso PIN. La loro è la testimonianza di come l’unione di tre architetti, con i piedi ben saldi nella terra di Capitanata e le ambizioni rivolte al mondo, possa accogliere la sfida del cambiamento e potenziare l’azione di scoperta e valorizzazione delle eccellenze.

Il 3 settembre 2019 si è chiuso il vostro progetto: è passato ormai molto più di un anno, di mezzo una pandemia mondiale e un mercato in continua evoluzione. Che bilancio fate oggi della vostra esperienza con PIN e quanto vi ha aiutato nella crescita delle competenze in senso imprenditoriale?

Il progetto Pin ha rappresentato per il nostro gruppo un momento centrale nella crescita imprenditoriale: da gruppo creativo e informale, DDuMstudio è divenuto una società. Ricordiamo ancora l’emozione di depositare il marchio e il nostro logo, o il giorno della firma dal notaio. Il PIN è stato per noi una palestra soprattutto sul lato gestionale e nell’organizzazione aziendale e ci ha concesso di creare un ramo d’azienda interamente dedicato ai servizi di progettazione e design per le piccole e medie imprese. Il progetto Tolò, infatti risponde a una domanda del territorio di riferimento, la Capitanata, e si rivolge alle imprese agroalimentari di eccellenza offrendo un servizio cucito su misura di progettazione e design dedicato attraverso la costruzione coerente di un’immagine coordinata che spazia dall’ideazione degli elementi grafici e del packaging fino alla progettazione degli spazi commerciali, espositivi e di allestimento fieristici. Tutto sempre con un occhio di rispetto riguardo i temi della sostenibilità ambientale. A settembre 2019 il nostro lavoro seguiva il trend in crescita, avviato da inizio 2019, ignaro della pandemia che da lì a pochi mesi avrebbe cambiato irreversibilmente il nostro quotidiano. Sicuramente il primo lockdown ha rappresentato una brusca frenata di arresto e una rimodulazione della tabella di marcia nella programmazione lavorativa con la cancellazione di appuntamenti importanti, quali fiere e concorsi a cui partecipiamo annualmente e alcuni contratti sospesi o annullati. Abbiamo approfittato di questo tempo “sospeso” per ripensare i nostri obiettivi e per avviare una fase di lavoro più “smart”. Grazie ad alcuni contratti con aziende sparse in tutta Italia, dal Lazio alla Lombardia al Veneto, ma anche tutte le aziende che seguiamo a livello regionale e data l’impossibilità di spostarci e di organizzare incontri fisici, abbiamo ampliato la possibilità di lavoro condiviso seppure a distanza. Un lavoro in parte più digitale, amplificato grazie all’esperienza PIN e ai servizi digitali che avevamo deciso di aumentare con il progetto (sito internet, canali social). In questo senso, il percorso PIN ha ampliato le nostre competenze nella gestione della nostra attività imprenditoriale: la capacità di adattamento, il problem solving, la gestione flessibile del lavoro, l’andamento per obiettivi. Caratteristiche necessarie soprattutto in un periodo così imprevedibile.

Quali ulteriori obiettivi avete raggiunto?

Tra gli obiettivi raggiunti sicuramente c’è quello di aver ampliato il nostro pubblico di riferimento. Come detto, siamo partiti da una domanda del nostro territorio, la Capitanata, ma già da metà progetto il nostro portafoglio clienti si è ampliato a tutto il territorio nazionale. Inoltre un altro obiettivo raggiunto, per noi importantissimo, è riuscire a trasmettere ed accompagnare i nostri clienti in tutte le fasi che un processo creativo necessita, soprattutto in termini quantitativi di tempo. Nella frenesia del quotidiano, nella società fatta per immagini connesse alla rete, si dimenticano a volte i tempi necessari all’ideazione, creazione ma anche metabolizzazione di un progetto. Per un progetto sartoriale e cucito sui bisogni di ogni azienda il fattore tempo rappresenta un valore e non un ostacolo. Sicuramente questo obiettivo è stato raggiunto grazie a una maggiore maturità raggiunta dal nostro gruppo.

Durante il vostro percorso imprenditoriale accogliete spesso collaboratori esterni e tirocinanti. Quanto questo ha influito e tuttora influisce sulla crescita della vostra azienda?

Come gruppo creativo il nostro team si è formato nel 2012, ormai quasi 9 anni fa! Naturalmente negli anni DDuM si è strutturato e abbiamo cercato di definire all’interno del gruppo dei ruoli e dei compiti, ma non per questo siamo un gruppo chiuso, tutt’altro. Siamo fermamente convinti dell’importanza della parola “contaminazione” e cerchiamo di tessere nuove relazioni, collaborazioni e contatti con altri professionisti e altre figure anche completamente lontane dal nostro lavoro. Facciamo parte di diverse organizzazioni territoriali, come l’associazione Il Sentiero dell’Anima, l’hub rurale Vazapp e la cooperativa Terra Terra, tutte organizzazioni con obiettivi e missioni differenti. Inoltre, da sempre, condividiamo il nostro spazio di lavoro con l’Artistica Pirro, officina di restauro, e abbiamo sempre immaginato le pareti del nostro studio come pareti “flessibili” e porose capaci di dilatare lo spazio e accogliere di volta in volta quante più postazioni possibili. Da tre anni abbiamo anche avviato la possibilità di attivare tirocini curriculari e post universitari presso il nostro studio e troviamo questa attività molto stimolante (abbiamo ad oggi accolto già 6 tirocinanti). Da inizio anno infatti stiamo seguendo un tirocinio curriculare totalmente in smart working con l’Università di design Alma Mater Studiorum di Bologna, sempre con la stessa Università stiamo seguendo un progetto di tesi come correlatori sul tema del food packaging, e avviato una nuova collaborazione stabile con una giovane architetto. Speriamo quindi che il gruppo DDuM possa crescere: ci siamo sempre definiti un gruppo creativo a tre teste e sei mani, ma speriamo che presto possiamo aggiungere stabilmente altre #manintelligenti nel nostro team!

Partecipare a competizioni e concorsi ma anche a mostre, vi è stato di aiuto per la promozione della vostra impresa e della vostra identità? Quali tra tutti i premi vinti per voi ha avuto maggiore importanza e perché?

Partecipare a competizioni e concorsi ci permette prima di tutto di confrontarci con lo stato dell’arte e aprirci a scenari a livello nazionale e internazionale. Inoltre è sempre interessante confrontarsi con i giudizi della critica perché ci consentono di avere una chiave di lettura della strada percorsa e delle ricerche in essere. Tra tutte le competizioni, concorsi e mostre a cui abbiamo partecipato, dal Fuorisalone di Milano a Farm Cultural Park di Favara, dalla Torino design week al premio NIB top 10 Paesaggio e Spazio Pubblico under 36, possiamo citare il concorso nazionale che premia il packaging design promosso da GraficaMetelliana, One More Pack. Nell’edizione 2018 vincemmo il primo premio nella sezione food, premio che consolidò il nostro ramo di azienda legato al packaging design a livello nazionale. Nell’occasione fu premiato il nostro primo progetto di packaging, Favole a Km0 ideato per Fulgaro Panificatori. Le parole del presidente di giuria, Lorenzo Marini, rappresentano per noi una linea da seguire come filosofia aziendale “il packaging design non è il vestito di un prodotto, ma il racconto della sua anima”. A questo premio, ne sono seguiti diversi soprattutto nell’ambito del design per l’olio, quale il premio nazionale “Le Forme dell’Olio” di Oliofficina festival a Milano che ci ha visto ricevere riconoscimenti già per tre anni consecutivi. Ai premi e alle mostre affianchiamo spesso anche inviti ad eventi e conferenze sui temi che trattiamo, spesso veniamo invitati per raccontare il nostro percorso e ogni volta il proprio racconto diventa momento di confronto e contaminazione ancora una volta.

«Crediamo nelle potenzialità dei “margini”»: in questa affermazione si concentra uno degli aspetti della vostra mission. Quanto anche per voi si è trattato di un processo di “scoperta del territorio”? È stato sfidante confrontarsi con le piccole imprese di Capitanata, coinvolgerle nell’aggiornamento digitale e aprirle al confronto con un concetto più innovativo di marketing?

Scegliere di vivere in un luogo bello ma al contempo complesso come la Capitanata pensiamo sia già esplicativo del nostro concetto di aver scelto la missione del “margine”. Dopo esperienze di studio e lavoro in grandi città, come Barcellona, Napoli e Pescara la scelta di individuare come sede operativa San Marco in Lamis rappresenta già una sfida. Quando siamo rientrati naturalmente abbiamo avviato un processo di scoperta del territorio, e le non poche curve del Gargano hanno reso l’esperienza una semi avventura. Nei nostri progetti amiamo sempre la fase esplorativa iniziale. Anche se parliamo di packaging non tralasciamo mai la fase di sopralluogo: amiamo conoscere i nostri clienti nei loro luoghi, nelle loro aziende, e non soltanto nel nostro studio. Questo ci porta a macinare tanti km e scoprire luoghi spesso lontani da tutto. Luoghi intrisi di bellezze ataviche che oramai abbiamo dimenticato. Luoghi che sono spesso ai margini ma che aspettano solo di essere raccontati tramite i loro prodotti, i loro spazi, le loro persone. E quando ci si pone in posizione di ascolto le aziende e quei luoghi rispondono: non è sempre facile, ma riusciamo a coinvolgere le piccole imprese nell’innovazione tramite il design perché lo facciamo tramite un processo condiviso e mai tramite una imposizione. Ed è così che delle bottiglie di olio riescono a volare in Giappone, delle uova sugli scaffali di Eataly, un panettone prodotto in un piccolo borgo nella sfera dei grandi maestri pasticceri.

Avete avuto modo di sviluppare collaborazioni con altri vincitori PIN?

Sin da principio abbiamo avuto delle collaborazioni con altri gruppi vincitori Pin, sia nella fase iniziale per la stesura del progetto, appunto per confrontarci sulle scelte e sugli step da intraprendere, sia da un punto di vista lavorativo come società di professionisti. Tra queste ultime citiamo la preziosa collaborazione con il gruppo Ekostè, cosmetica dalla terra, un bellissimo progetto a cui ci siamo appassionati sin da subito e per il quale abbiamo affiancato il gruppo dal principio curandone non soltanto il naming e il logo design, ma anche l’immagine coordinata e il packaging design della loro prima linea. A breve partiranno nuove interessanti collaborazioni, ad esempio con il gruppo di Gargano Made In e speriamo di intrecciare nel nostro percorso altri gruppi.

Cosa vorreste dire ad altri neo-vincitori che si apprestano ad avviare il proprio progetto in questo difficile momento storico in cui tutto attorno a noi sembra cambiato?

Ai neo vincitori, oltre a dare un grande in bocca a lupo, invitiamo a vedere l’altro lato della medaglia di questo periodo così difficile e cogliere tutti i lati positivi che il progetto PIN offre. In un momento di “stasi” il progetto potrà essere sicuramente una “bombola di ossigeno” e il momento migliore per prepararsi ai nuovi e possibili scenari post pandemia. Inoltre, dato che lo abbiamo sperimentato su noi stessi, invitiamo a non aver paura di chiedere, anche se può sembrare banale e stupido, meglio una domanda in più e un dubbio in meno! Invitiamo quindi a non aver timore a chiedere ai tutor, ai professionisti, ma anche ad altri gruppi PIN che hanno in precedenza vinto il bando! Se tutto intorno a noi è cambiato in questo ultimo periodo vorrà dire che anche noi saremo cambiati, e il cambiamento è il motore che muove le idee.